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Il Blog di Radio Ciroma 105.7FM – Cosenza

Un mondo sospeso tra guerra e pace

L’ottavo Rapporto sui conflitti dimenticati di Caritas Italiana, “Il ritorno delle armi. Guerre del nostro tempo”, ci offre uno sguardo impietoso su un mondo in cui le guerre non solo persistono, ma si intensificano. Nel 2023, 52 Stati sono stati attraversati da conflitti armati. Pur leggermente in calo rispetto ai 55 del 2022, il dato rivela una tendenza drammatica: guerre più feroci, più prolungate, più devastanti. Le guerre ad altissima intensità sono aumentate da 3 a 4, mentre quelle ad alta intensità sono passate da 17 a 20. A pagare il prezzo più alto sono sempre le persone: 170.700 vite spezzate nel solo 2023, il dato più alto degli ultimi anni.

Il dramma dei bambini è il più difficile da ignorare: 11.649 piccoli sono stati uccisi o mutilati, con un aumento del 35% rispetto all’anno precedente. Quasi 4.356 bambini, in prevalenza maschi, sono stati rapiti. Numeri che parlano di infanzie perdute, sogni interrotti e un futuro che si allontana.

Di fronte a questa tragedia, un dato emerge con forza: la spesa militare mondiale ha raggiunto i 2.443 miliardi di dollari, un record storico. Mentre milioni di persone vivono dipendendo dagli aiuti umanitari, con un numero di rifugiati più che raddoppiato, il mondo sembra investire sempre più risorse nella distruzione anziché nella costruzione.

Questa contraddizione appare ancora più stridente alla luce di un dato di speranza: l’80% degli italiani crede che le guerre siano evitabili. La popolazione, stanca di violenza e conflitti, esprime un bisogno di pace che non può più essere ignorato. La soluzione non può essere la forza delle armi, ma quella della diplomazia e della cooperazione.

Se il 74% degli italiani rifiuta interventi armati, preferendo la mediazione politica, è chiaro che la diplomazia deve tornare al centro della scena. La comunità internazionale, spesso divisa e impotente, ha il dovere di rafforzare gli strumenti di dialogo.. Serve una volontà politica concreta e una pressione costante per fermare le armi e costruire la pace.

La pace si costruisce dal basso, attraverso il lavoro instancabile dei movimenti per la pace. Tuttavia, questi sforzi devono essere sostenuti e amplificati.

La spesa militare rappresenta una delle grandi sfide del nostro tempo. Quanto potrebbe cambiare il mondo se anche solo una parte dei 2.443 miliardi di dollari destinati alle armi fosse investita in istruzione, sanità e sviluppo sostenibile? Riassegnare queste risorse non è solo una questione etica, ma anche di lungimiranza. Le guerre non generano sicurezza: al contrario, alimentano povertà, disuguaglianze e nuovi conflitti.

La pace non è un obiettivo utopistico, ma una responsabilità collettiva. Come cittadini del mondo, abbiamo il dovere di fare pressione  sui nostri governi di investire nella diplomazia, nella cooperazione e nello sviluppo. Le guerre sono evitabili, come ci ricorda l’80% degli italiani: sta a noi costruire le condizioni affinché questo diventi realtà.

È tempo di scegliere tra un mondo armato fino ai denti e un mondo che investe nelle persone, nella giustizia e nella pace. La strada non è semplice, ma è l’unica possibile se vogliamo un futuro diverso. Come scriveva Nelson Mandela, «La pace non è un sogno: può diventare realtà, ma bisogna essere capaci di sognare».

 


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