ascolta la diretta

Il Papa è malato e il Mondo lo segue a ruota di Andrea Bevacqua

Sembra quasi un segno del destino che le ore complicate di Francesco coincidano con quelle altrettanto complicate per gli equilibri mondiali.
È come quando si verifica il vecchio detto: “se i gatti non ci sono i topi ballano”.
L’antico adagio è solo un pretesto per descrivere una situazione da piano inclinato, un momento buio in cui il sistema democratico internazionale ha preso una via in discesa verso chissà quali nuovi assetti. Per usare un’altra suggestione si potrebbe immaginare un cielo stellato nella notte di San Lorenzo: schegge impazzite di materiale celeste schizzano da una parte all’altra rendendo la nostra mente incapace di afferrare tutti i fulgidi passaggi.
Questi giorni, che si susseguono veloci a ritmi forsennati, disegnano spirali imprevedibili. Le imboscate mediatiche di Trump e Vance; l’Unione europea incapace di entrare nelle questioni e messa all’angolo pensa al riarmo come unica soluzione ai conflitti; Zelensky che ritrova un palcoscenico idoneo sul quale esibirsi. E la lista è zeppa di altre questioni. Già si prepara la guerra dei dazi incrociati, il conflitto che si prepara con Usa e Russia da una parte e Cina dall’altra e poi le promesse di annessione dal Canada alla Groenlandia, i villaggi faraonici a Gaza, le terre rare d’Ucraina.
Come se non bastasse c’è chi convoca manifestazioni a Roma dalle pagine di Repubblica al grido di “qui o si fa l’Europa o si muore”.
È davvero assurdo immaginarsi in un corteo di sole bandiere dell’Ue a rivendicare il proprio ruolo nella guerra.
In questi giorni, infatti, l’unica ricetta da Von der Lyen a Macron è quella del riarmo. In fondo, bisognerebbe premiare la coerenza guerrafondaia dei leader europei. C’era la bandiera blu con le dodici stelle gialle quando il parlamento europeo approvava l’uso delle armi dell’Unione in territorio russo. Così hanno pensato di fare a febbraio del 2022 e così continuano a fare in questi giorni.
Ci si aspetterebbe di più almeno da alcune sigle che hanno deciso di aderire alla manifestazione di metà marzo. Non fosse altro che soltanto il 5 novembre 2022 il mondo pacifista italiano chiamava a Roma una manifestazione imponente (ignorata dai media e dalla politica) proponendo una via diplomatica al conflitto. Ora a nulla servirà fare notare anche ai più attenti osservatori che questa prossima manifestazione sarà un guazzabuglio di sigle e orfana di quella umanità dispersa tra i sondaggi di Salvini e la fascinazione per i modi diretti di Trump.
Quella stessa umanità orfana di Francesco, con la testa rivolta a quelle luci accese del decimo piano del Policlinico “Gemelli”. Quella voce ormai afona sospesa tra crisi respiratorie e impossibilità di agire. “Le ore più buie” dicono i comunicati vaticani in un linguaggio che non lascia presagire nulla di buono. Sembra davvero uno strano scherzo del destino che l’unica voce in grado di levarsi in questi anni contro la guerra e il riarmo abbia smesso momentaneamente di farsi sentire.
Ci siamo abituati ad avere una voce in grado di costruire un argine alla deriva priva di senso che in questi giorni tracima inondando di ulteriore disumanità il nostro Tempo.
Quella voce capace di sostenere chi andava per mari e porti a salvare vite; parroci e cooperanti in mezzo alle bombe di Gaza e Ucraina; studiosi e attivisti per la difesa dell’ambiente e del clima; donne e uomini senza più casa e terra.
Bisognerebbe oggi provare a fare uno scatto in avanti e parlare il linguaggio della Pace e della diplomazia. Perché se è possibile convocare una “folle” manifestazione il 15 marzo, è altrettanto possibile immaginare una chiamata sotto le bandiere arcobaleno. Per non lasciare nulla di intentato, una via alternativa a una deriva, una costruzione alternativa a una spirale di conflitto e disuguaglianze sociali.
Ritrovarsi per non lasciare sola quella voce ormai afona che si è levata in questi anni contro le storture del mondo, che ha sostenuto le battaglie degli ultimi di tutte le latitudini. Anche solo per fare arrivare al decimo piano di un ospedale un grido: “non ci siamo dimenticati!”


Tag: