Mentre i venti di guerra soffiano sempre più minacciosi, il governo Meloni appoggia regimi che alimentano i conflitti, invia armi ai fronti e, al contempo, genera tensioni interne per poi reprimerle con una sistematica soppressione del dissenso.
In questa fase di crescente attrito internazionale tra blocchi imperialisti, caratterizzata da una corsa al riarmo e da un esponenziale aumento delle spese militari, si inaugura una nuova stagione di austerità, con tagli ai servizi pubblici e l’impoverimento delle condizioni materiali di lavoro e dei settori popolari. Contemporaneamente, si sviluppa un clima di controllo sociale, di militarizzazione economica e della società e di repressione delle proteste.
Lo abbiamo visto con il decreto Cutro, il decreto anti-rave e il decreto Caivano, con la dura repressione delle manifestazioni contro il genocidio in Palestina e contro la guerra. Lo vediamo oggi con l’istituzione delle zone rosse nelle grandi città, la proposta di uno scudo penale per le forze dell’ordine e il tentativo di far approvare il DDL 1660, che criminalizza ogni forma di protesta trasformandola in reato da punire.
Il messaggio è chiaro: chi protesta è un nemico, ogni manifestazione un bersaglio.
Si mira a trasformare ogni espressione del conflitto sociale in una questione di ordine pubblico, colpendo indiscriminatamente chi si oppone alle politiche coloniali ed alle guerre, chi lotta per i diritti e la difesa del posto di lavoro (scioperi, picchetti e blocchi stradali che da illeciti amministrativi diventano veri e propri reati), chi lotta per il diritto all’abitare, per la libertà delle donne e degli uomini, delle persone LGBTQIAP+, chi si oppone alla creazione di grandi opere inutili e dannose, chi si oppone alla catastrofe climatica e si batte per la salvaguardia dell’ambiente e dei territori, creando ulteriore marginalizzazione verso i soggetti più vulnerabili, per i detenuti e le detenute e verso i migranti rinchiusi nei CPR.
Una chiara dimostrazione della volontà di soffocare le rivendicazioni sociali e ridurre al silenzio chi si oppone al sistema, verso una deriva sempre più autoritaria.
Questo è il vero volto di questo governo reazionario, ma non dimentichiamo che questo progetto affonda le sue radici nel passato, con il coinvolgimento di tutti i governi che si sono avvicendati negli ultimi anni, sia tecnici che di diverso colore politico. Negli ultimi anni, però, si è aggiunto tassello su tassello a un oscuro puzzle che ci sta conducendo verso uno stato di polizia e verso forme preoccupanti di militarizzazione della scuola.
È un piano repressivo e di irreggimentazione sociale già ampiamente sperimentato, anche prima che il DDL 1660 diventi legge. Emblematico è il caso avvenuto a Salò, dove la semplice esposizione di una bandiera e di uno striscione con la scritta “Palestina libera” fuori da una finestra ha portato all’ingresso di polizia e carabinieri per sequestrarli. Intollerabile, inoltre, quanto accaduto ad attivisti e attiviste dei movimenti Extinction Rebellion e Ultima Generazione, costretti e costrette a spogliarsi e fare flessioni sotto la sorveglianza delle forze di polizia, un richiamo inquietante ai protocolli applicati durante il G8 di Genova.
Difendere il diritto a manifestare significa difendere tutte le battaglie: per il lavoro, contro la guerra e per la giustizia sociale. Non opporsi significa accettare un sistema che elimina ogni forma di dissenso e possibilità di riscatto. Significa consentire che il conflitto sociale venga soffocato e che ogni voce fuori dal coro venga zittita con la forza. Se non si reagisse ora, domani potrebbe essere troppo tardi. Oggi è criminalizzato il diritto di protesta; domani sarà la libertà stessa a essere minacciata.
Per questi motivi, è fondamentale che l’8 febbraio lavoratori e lavoratrici, cittadini e cittadine, tutte e tutti scendano in piazza a Cosenza contro la repressione e in difesa della libertà di dissentire e lottare per una società più giusta.
RETE NO DDL SICUREZZA – COSENZA
MOBILITIAMOCI CONTRO LA REPRESSIONE E IL DDL SICUREZZA
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