ascolta la diretta

L’ottimismo di cartone e il vuoto dell’opposizione

La rielezione di Roberto Occhiuto alla guida della Calabria è stata presentata dal Presidente come la naturale conseguenza dei “successi” del suo precedente mandato. Nel suo discorso di insediamento, il centrodestra ha messo in scena la consueta narrazione autosufficiente: numeri positivi, traguardi raggiunti, un futuro radioso che solo i “gufi” e i presunti complotti di turno minaccerebbero di incrinare.
Ma basterebbe il più elementare confronto con i dati pubblici degli ultimi anni per rendersi conto che la rappresentazione proposta è ben lontana dalla realtà vissuta ogni giorno dai calabresi.

La Calabria continua infatti a occupare stabilmente le ultime posizioni in quasi tutti i principali indicatori socioeconomici: povertà, reddito pro capite, disoccupazione — soprattutto giovanile — fino ai livelli di efficienza e accessibilità del sistema sanitario regionale. Indicatori che non sono l’eredità di epoche lontane, ma la fotografia attuale di anni governati dal centrodestra.
È questa la “ripresa” che avrebbe convinto gli elettori? O siamo davanti all’ennesima abilissima operazione comunicativa in cui la realtà viene limata, addolcita, svuotata.

Il centrodestra, del resto, conosce a memoria la formula: dipingere un quadro ottimistico anche quando i numeri raccontano tutt’altro; ripetere la litania della responsabilità esterna, dei nemici invisibili che remano contro; presentare ogni critica come sabotaggio, ogni dato discordante come il frutto di un pregiudizio ideologico.
È una strategia efficace, certo. Ma lo diventa ancora di più quando dall’altra parte si trova un’opposizione smarrita, debole, incapace di rappresentare un’alternativa credibile.

Ed è proprio qui che sta il problema più grave e più urgente.
Non tanto nell’autoincensamento della destra — fenomeno prevedibile — ma nella mancanza di una forza politica capace di scardinarne la narrazione. Un’opposizione che, sin dai primi segnali, appare timida, afona, come se temesse di disturbare il manovratore.
La Calabria non ha bisogno di un’opposizione rassegnata al ruolo di spettatore. Ha bisogno di chi metta il dito nelle piaghe, di chi ricordi con rigore e senza paura che i risultati si misurano nella vita delle persone, non nei comunicati stampa.

Se la politica deve avere ancora un senso in questa regione, esso non può essere la perpetuazione dell’ottimismo di cartone. Deve essere la capacità — e il coraggio — di chiamare le cose col loro nome.
E oggi, più che mai, chiamare le cose col loro nome significa rompere l’incantesimo della propaganda e pretendere, da chi governa e da chi si oppone, responsabilità vera, trasparenza, e una visione che non sia solo una narrazione di comodo.


Tag: