ascolta la diretta

Genova non è finita. Genova brucia ancora.

Per non dimenticare. Per non perdonare.

Genova non è storia. Genova è rabbia viva. È pugno chiuso, lacrima che non si asciuga, ferita che non si rimargina. Sono passati 24 anni, e ancora sentiamo nelle ossa il suono secco dei manganelli, il battito del cuore che corre più veloce dei passi, la paura che diventa furore. Genova non è un ricordo. È un trauma collettivo che pulsa nelle vene di una generazione intera. La nostra.

Dal 20 al 22 luglio 2001 abbiamo guardato in faccia il vero volto del potere. Non quello patinato delle conferenze stampa, ma quello armato, codardo, violento. A Genova non c’è stata “tensione”. A Genova c’è stata repressione scientifica, brutale, pianificata. A Genova c’è stata una dichiarazione di guerra contro chi osa sognare un mondo diverso. E quella guerra continua.

Carlo Giuliani non è “morto”. È stato assassinato. In pieno giorno, da una pistola di Stato. Carlo era uno di noi: un figlio, un compagno, un ragazzo che aveva scelto da che parte stare. Aveva un estintore in mano, sì. Ma chi aveva il grilletto? Chi aveva la divisa, la jeep, l’impunità? A distanza di anni non c’è stata giustizia. Solo menzogne. Solo archiviazioni. Solo silenzio.

E poi la Diaz. La “macelleria messicana”. Studenti presi nel sonno, pestati come bestie, con le mani in alto. Il sangue sui muri. I denti per terra. Le teste aperte. Nessuna colpa. Nessuna condanna degna di questo nome. I carnefici sono stati promossi. E noi? Noi siamo ancora qui a ricordare ciò che ci hanno fatto. Perché dimenticare sarebbe come tradire.

Bolzaneto: tortura sistematica. Calci, sputi, urla, minacce di stupro. Non solo corpi spezzati, ma anime violate. E oggi ci vogliono parlare di “riforma della giustizia”, di “legalità”, di “fiducia nelle istituzioni”? A noi viene da vomitare.

No, non fu una “deviazione”. Fu il sistema che si mostrò per quello che è. Quando il capitale si sente minacciato, mostra i denti. E lo fa col manganello, con la calunnia, con le sentenze addomesticate. Genova fu il laboratorio del terrore in divisa. E lo è ancora.

Ma noi non siamo scomparsi. Nonostante tutto, nonostante la paura, nonostante la repressione. Siamo ancora qui. Ogni volta che un corteo attraversa una città, ogni volta che un ragazzo grida “No justice, no peace”, ogni volta che una donna occupa uno spazio, che un migrante rompe un confine, che un lavoratore si ferma, Genova torna a vivere.

Non vogliamo celebrazioni, cerimonie, commemorazioni inamidate. Vogliamo verità. Vogliamo giustizia. E vogliamo continuare a lottare.

Genova ci ha cambiati. Genova ci ha segnati. Ma Genova ci ha anche insegnato che la dignità non si può spezzare.

Abbiamo pianto, abbiamo avuto paura, abbiamo perso. Ma abbiamo anche capito da che parte stare. E questo nessun manganello potrà mai cancellarlo.

Genova brucia ancora. E finché brucia, siamo vivi.


da

Tag: