L’8 marzo non è una giornata di festa. È un giorno di rabbia, di rivolta, di lotta. Non vogliamo fiori, vogliamo distruggere il sistema patriarcale che ci sfrutta, ci opprime e ci uccide. Le destre reazionarie, con il supporto di falsi moderati e centristi compiacenti, stanno portando avanti un attacco sistematico contro i diritti delle donne, nel tentativo di riportarci indietro di decenni. Il patriarcato si serve delle leggi, della violenza istituzionale, dell’ipocrisia moralista per controllare i nostri corpi, la nostra sessualità, la nostra libertà. A questo assalto dobbiamo rispondere con la lotta senza compromessi.
L’aborto non è un favore che lo Stato concede, è un diritto e chi lo ostacola è un nemico da combattere. La legge 194 è stata svuotata dalla piaga degli obiettori di coscienza, veri e propri sabotatori della libertà delle donne. L’obiezione deve essere abolita: chi rifiuta di garantire un diritto fondamentale non deve lavorare nel pubblico. I consultori sono stati smantellati, i servizi di salute sessuale negati, mentre nei governi si siedono uomini e donne che parlano di “valori della famiglia” per imporci ruoli di madri e serve. Non possiamo accettarlo: vogliamo il pieno accesso all’aborto libero, sicuro e gratuito. Nessuna donna deve sentirsi costretta a partorire per volontà di Stato o di qualche prete.
Il capitalismo ci vuole precarie, sottopagate, incatenate al lavoro domestico non retribuito. Parlano di “parità” mentre le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, a subire molestie nei luoghi di lavoro, a vedersi negate posizioni di potere. Non si tratta solo di disparità salariale, ma di un vero e proprio sistema di sfruttamento che impedisce alle donne di autodeterminarsi economicamente. Le destre non vogliono che le donne siano indipendenti: vogliono che restino subalterne, dipendenti da un marito, schiacciate tra lavoro sottopagato e cura familiare obbligatoria. Rifiutiamo questa prigione sociale: vogliamo salari equi, vogliamo la riduzione dell’orario di lavoro, vogliamo servizi pubblici accessibili che ci liberino dal peso del lavoro di cura.
Non possiamo illuderci che questo sistema cambi con qualche riforma blanda o con belle parole. La storia ci insegna che i diritti si conquistano con la lotta, con la mobilitazione. L’8 marzo non sia un giorno di retorica, ma di azione. Scendiamo in piazza, occupiamo le strade, blocchiamo chi vuole riportarci al Medioevo. Organizziamoci nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri. Rompiamo la gabbia del patriarcato e del capitalismo con la sola lingua che conoscono: la lotta . Non chiediamo permesso.
SovversivaMente