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“Il potenziale sovversivo della cura: un’eredità femminista”

 

La storia dei femminismi ci consegna una preziosa eredità di lotte e pensiero, capace di illuminare aree della società rimaste a lungo nell’ombra. Tra queste, la riproduzione sociale emerge come una prospettiva cruciale, tanto teorica quanto pratica, per comprendere e trasformare il mondo. È una lente che ci permette di scardinare il modo in cui il capitalismo e il patriarcato hanno strutturato il lavoro, i rapporti sociali e persino il nostro tempo.

Rendere visibile l’invisibile
Per secoli, il lavoro riproduttivo – quel complesso insieme di attività che comprende il prendersi cura degli altri, la gestione della casa, l’educazione e la cura delle persone – è stato relegato al silenzio. Invisibilizzato, spesso femminilizzato, è stato considerato “naturale”, privo di valore economico, ma fondamentale per il funzionamento della società. Senza chi cucina, chi accudisce, chi cresce le nuove generazioni, il sistema capitalistico stesso non potrebbe reggersi. Tuttavia, è grazie alle teorizzazioni femministe, in particolare al materialismo femminista, che il lavoro di cura è stato politicizzato. Studiose come Silvia Federici, Mariarosa Dalla Costa e Nancy Fraser hanno mostrato come il capitale si basi sull’espropriazione sistematica del lavoro riproduttivo. Non solo le donne sono state storicamente confinate in questo ruolo, ma l’intero sistema economico ha tratto profitto da questo lavoro gratuito o sottopagato.

Questa consapevolezza non è rimasta confinata ai testi accademici, ma ha alimentato movimenti di lotta concreti. Negli anni Settanta, ad esempio, il movimento internazionale per il “salario al lavoro domestico” ha posto la questione del riconoscimento economico del lavoro riproduttivo. Anche se la battaglia non ha portato all’ottenimento di salari, ha aperto uno spazio di riflessione profonda sulle disuguaglianze di genere e sulla struttura stessa dell’economia.

La riproduzione sociale come terreno di lotta
La prospettiva della riproduzione sociale non si limita a denunciare le ingiustizie. Essa indica anche un terreno di lotta e trasformazione. Ripensare il valore del lavoro riproduttivo significa ridisegnare il rapporto tra il pubblico e il privato, tra l’individuo e la comunità. Lo dimostrano esperienze recenti come quelle dei movimenti per il diritto alla casa, per un reddito minimo garantito, o delle reti di mutuo aiuto nate durante la pandemia. Questi movimenti spesso riprendono, consciamente o meno, il patrimonio femminista: collettivizzare la cura e creare alternative al modello di sfruttamento individualistico.

Un esempio emblematico è quello di Non Una di Meno, che ha saputo connettere la questione della violenza di genere alla crisi dei servizi pubblici, mostrando come il disinvestimento nei servizi di cura, nella sanità e nell’educazione sia una forma di violenza sistemica. La lotta per l’accesso universale a questi diritti fondamentali diventa così una battaglia che riguarda tutte e tutti, intrecciandosi con le rivendicazioni economiche, razziali ed ecologiche.

Il potenziale sovversivo della riproduzione sociale
La centralità della riproduzione sociale non è solo una chiave per leggere il presente, ma anche una bussola per immaginare il futuro. In un’epoca segnata da crisi globali – economiche, climatiche, politiche – la valorizzazione della riproduzione sociale apre scenari di radicale trasformazione. Immaginare una società che metta al centro la cura significa sovvertire le logiche del profitto e della competizione, per costruire reti di solidarietà e sostenibilità. Significa anche collegare il femminismo a battaglie apparentemente distanti, come quelle per la giustizia climatica: l’ecofemminismo ci ricorda che il modo in cui trattiamo il pianeta non è separato dal modo in cui trattiamo le persone che lo abitano.

In questa prospettiva, il contributo teorico e pratico dei femminismi non è solo un’eredità del passato, ma una forza viva, capace di alimentare le lotte del presente e ispirare le utopie del futuro. È un invito a guardare la società con occhi diversi, a riconoscere ciò che è stato reso invisibile e a trasformarlo in un motore di cambiamento.

Dalla teoria all’azione
Il pensiero femminista sulla riproduzione sociale ci insegna che il privato è politico e che le relazioni quotidiane, spesso considerate marginali, sono in realtà il cuore pulsante della società. Recuperare e praticare questa consapevolezza è un atto sovversivo, un passo verso un mondo più giusto. La domanda che ci pone è semplice e radicale: quale società vogliamo costruire se al centro poniamo la cura?

 SovversivaMente

 


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