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Contro la fuga dei giovani: Cosenza può (e deve) tornare a essere casa

Ogni anno, centinaia di giovani cosentini preparano la valigia. Alcuni partono per studiare, altri per lavorare, altri ancora semplicemente per provare a respirare un’aria diversa, più aperta, più dinamica, più pronta a riconoscere il loro valore. Dietro ogni partenza c’è una storia, un volto, un potenziale che la città perde. E il danno, silenzioso ma profondo, non è solo individuale: è collettivo. Perché quando i giovani vanno via, se ne vanno anche il futuro, la forza creativa, le energie vitali di un territorio.

Cosenza non è l’unica città a vivere questa emorragia. Ma è tra quelle che hanno più da perdere — perché qui le radici sono forti, la storia è ricca, il senso di appartenenza è ancora vivo. Cosenza è una città che ha dato tanto alla cultura italiana, al pensiero meridionale, all’identità calabrese. È un crocevia di civiltà, un luogo dove ogni vicolo racconta una stratificazione di epoche, di lotte, di sogni.

Eppure, oggi, questa città straordinaria rischia di diventare lo scenario vuoto di un tempo che fu. Rischia di essere ricordata più per ciò che ha rappresentato che per ciò che potrebbe ancora essere. E questo, non possiamo permettercelo.

Ma non vogliamo limitarci alla denuncia. Vogliamo parlare di possibilità. Di visione. Di cambiamento.

Noi crediamo che la fuga dei giovani non sia un destino, ma una conseguenza. E che, proprio per questo, si possa interrompere. Cosenza può diventare un luogo dove i giovani non solo decidono di restare, ma scelgono di tornare. Non per nostalgia, non per rassegnazione, ma per desiderio. Perché qui riconoscono un’opportunità, una prospettiva, una direzione.

Perché questo accada, però, serve una svolta. Una presa di coscienza. Serve una città che sappia prendersi cura delle sue radici, certo — perché senza radici non si cresce — ma che non abbia paura di osare, di aprirsi, di investire nel futuro.

Serve una città che:

  • metta i giovani al centro delle scelte politiche e culturali;
  • favorisca  la ricerca, l’innovazione;
  • crei spazi fisici e mentali per la sperimentazione, l’arte, la tecnologia;
  • renda la cultura accessibile e non elitista, diffusa nei quartieri e nei borghi;
  • promuova il ritorno, anche attraverso reti di accoglienza per chi ha vissuto altrove e vuole riportare qui competenze e idee.

Una città che smette di subire i numeri della demografia e comincia a scrivere nuove storie di ritorno.

Le premesse ci sono. Cosenza ha già dato prova di saper innovare: con i suoi progetti di rigenerazione urbana, con l’attivismo civico, con la presenza di università e centri culturali. Ma serve un salto di qualità. Serve un piano ambizioso e condiviso, una governance aperta al confronto con i giovani stessi, un patto intergenerazionale che superi la retorica e diventi azione.

Non si tratta solo di fermare un esodo. Si tratta di cambiare il paradigma. Di far capire che in questa città non si sopravvive, ma si può costruire. Che vivere a Cosenza non significa “accontentarsi”, ma “scegliere”.

E questa è la sfida più bella: immaginare una città dove i giovani tornano non perché costretti, ma perché attratti. Non per ripiego, ma per ambizione. Dove le radici non sono zavorre, ma trampolini. Dove il passato è fondamento, ma il futuro è davvero di casa.

Cosenza può diventare tutto questo. Se lo vuole. Se lo scegliamo. Insieme.

 


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