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Quando la pace ha avuto un nome: Francesco

Oggi il mondo sembra più silenzioso. Più freddo. È il giorno in cui ci lascia una delle ultime grandi voci morali del nostro tempo: Papa Francesco. Non solo un Pontefice, ma un uomo che ha scelto la radicalità del Vangelo come bussola, e la pace come stella polare. In un’epoca in cui l’indifferenza è la nuova regola e il cinismo l’abito del potere, Francesco ha osato chiamare le cose con il loro nome.

Non ha avuto paura di condannare il riarmo, di denunciare il turbo-capitalismo che lascia indietro gli ultimi, di indicare il razzismo sistemico che si cela dietro frontiere chiuse e politiche spietate. È stato vicino a chi salva vite in mare, a chi vive nell’ombra delle guerre, a chi viene considerato “scarto” da un mondo che premia solo chi corre più veloce.

E ora che se ne va, lo celebreranno tutti. Anche coloro che ha smascherato con coraggio. Lo faranno con cerimonie solenni e parole vuote, tentando — magari inconsciamente — di neutralizzare il suo messaggio, di renderlo innocuo. Ma Francesco non può essere ridotto a una figura simbolica. Era, ed è, una coscienza viva e scomoda, che ha ricordato a tutti che la fede senza giustizia è ideologia, e la carità senza verità è solo immagine.

Non possiamo permettere che il suo pensiero venga edulcorato, addomesticato, dimenticato. Non dobbiamo lasciarlo morire con lui. Il suo grido per la pace, la sua visione di una Chiesa povera per i poveri, la sua insistenza su un’ecologia integrale che metta l’umano e il creato al centro — tutto questo è un’eredità viva, che ci interpella oggi più che mai.

Sta a noi ora decidere se farne memoria o farne monumento. Se ascoltarlo davvero o applaudire in silenzio mentre viene dimenticato.

Francesco non è stato un Papa “buono”. È stato un Papa giusto. Ed è proprio per questo che era, e resta, scomodo. Perché ci ha chiesto di scegliere: o con chi costruisce ponti, o con chi alza muri. O con chi dà pane, o con chi vende fucili.

Francesco, il Papa della pace, non appartiene solo ai credenti, ma a chiunque creda ancora che un altro mondo è possibile. Sta a noi far risuonare la sua voce.

 


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