Ci sono momenti nella storia in cui tacere significa essere complici. Il bombardamento di ambulanze a Gaza, ammesso dallo stesso esercito israeliano, segna un punto di non ritorno nella deriva di un conflitto che ha ormai superato ogni limite di brutalità. Non si tratta più di una questione di geopolitica né di una disputa tra popoli: siamo di fronte a un vero e proprio genocidio sistematico, che colpisce civili, bambini, soccorritori, senza alcuna distinzione.
Israele giustifica questi attacchi con la narrazione della sicurezza nazionale, accusando Hamas di utilizzare i mezzi di soccorso per scopi militari. Ma quanto può essere credibile una giustificazione che prevede la distruzione sistematica di convogli sanitari, la morte di medici e paramedici, la devastazione di ospedali? Le immagini di ambulanze sventrate, corpi straziati tra le lamiere, bambini rimasti soli al mondo non possono essere archiviate come “danni collaterali”. Sono il prodotto di una strategia precisa, volta all’estinzione di un intero popolo sotto il peso della violenza più disumana.
Il mondo assiste a questo massacro con il silenzio complice di molti governi occidentali, in particolare quello italiano. Di fronte a tali crimini, nessuna condanna netta e inequivocabile. L’Italia, come gran parte dell’Occidente, continua a rifugiarsi dietro dichiarazioni vaghe, appelli alla moderazione che mettono sullo stesso piano oppressore e oppresso, carnefici e vittime. Peggio ancora, fornisce sostegno politico, militare e diplomatico a Israele, contribuendo a garantire l’impunità di chi ordina e compie queste atrocità.
Ciò che sta accadendo a Gaza non può più essere ignorato né relativizzato. Non si tratta di un conflitto tra due eserciti, ma di una delle più gravi violazioni dei diritti umani del nostro tempo. E chi tace, chi si volta dall’altra parte per convenienza politica o per paura di perdere consenso, porta sulle proprie mani una parte di quel sangue innocente. .Le manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese sembrano non sortire gli effetti sperati; a questo punto servirebbe uno scatto che interrompa questo circolo vizioso con piazze più determinate.
Non possiamo permettere che il nostro tempo sia ricordato come quello dell’indifferenza, del calcolo opportunistico, della viltà travestita da diplomazia. Oggi, difendere Gaza significa difendere l’umanità stessa.