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Occhiuto, nomine e ombre: la sanità che non cambia

C’è un punto oltre il quale la fiducia dei cittadini nelle istituzioni non può essere tirata. La sanità calabrese quel punto lo ha superato da tempo, e ogni nuova vicenda – giudiziaria, amministrativa o politica – non fa che allargare una ferita già profonda.

L’ultima, che vede coinvolto il neo primario di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Cosenza raggiunto da un provvedimento di sequestro cautelativo nell’ambito di un’indagine sulle liste d’attesa, riapre drammaticamente il tema centrale: il rapporto tra incarichi di vertice, responsabilità pubblica e dovere etico.

Non sappiamo come andrà a finire questa indagine, né possiamo permetterci processi mediatici: la presunzione di innocenza non è un optional.
Ma c’è qualcosa che prescinde dalla colpevolezza o innocenza delle singole persone: la gestione politica degli incarichi e la percezione di opacità che la cittadinanza vive sulla propria pelle.

In Calabria troppo spesso la domanda è sempre la stessa:
si viene scelti per i curricula o per appartenenza, vicinanza, utilità politica?

E quando su un dirigente pubblico si addensano ombre – anche solo potenziali – ci si aspetterebbe un gesto di tutela verso l’istituzione: un passo di lato, temporaneo, per non trasformare un reparto ospedaliero in un campo di battaglia giudiziario.
In contesti sani succede così. Non perché si è colpevoli, ma perché si è responsabili.

Il problema, invece, è che qui da noi ogni vicenda diventa bandiera:
se sei nella grazia del potente di turno, nulla ti scalfisce; se non lo sei, nulla ti salva.
Questo sistema non produce fiducia: la brucia.

La Calabria non può permettersi che ogni reparto diventi un caso, ogni dirigente un sospetto, ogni indagine un terremoto.
La Calabria ha bisogno di esempi, non di eccezioni.

La sanità calabrese non può più permettersi zone d’ombra né “promozioni” che sembrano ignorare il sentire dei cittadini. Chi gestisce liste d’attesa, accessi, priorità e fragilità non può essere esposto ad alcuna ambiguità: è questione di etica, oltre che di immagine.

Perché al centro non ci sono solo i concorsi o i ruoli.
Ci sono i pazienti che aspettano mesi per un esame.
Ci sono i medici che ogni giorno tengono in piedi un sistema fragile.
Ci sono famiglie che temono che la propria salute diventi merce.
C’è un’intera regione che reclama credibilità.

E soprattutto ha bisogno di una cosa semplice, che dovrebbe essere la base di tutto:
una sanità pubblica che non dia mai ai cittadini l’impressione che la porta d’ingresso passi dall’amicizia giusta, dalla conoscenza giusta o dalla fedeltà giusta.

Finché questo non cambierà, potremo discutere di commissari, piani di rientro, fondi e riforme quanto vogliamo.
Ma l’etica – quella sì – resterà la grande assente.


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