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Bloquons tout! La Francia che non si arrende

I francesi lo stanno facendo di nuovo. Hanno deciso di non piegarsi, di non subire più in silenzio: il grido che attraversa le piazze da Rennes a Montpellier, passando per Parigi, è uno solo — Bloquons tout! Fermiamo tutto.

Oltre 250.000 persone sono scese in strada. Studenti delle scuole superiori, ex gilet gialli, agricoltori, operatori sanitari, lavoratori dell’istruzione e della cultura: mondi diversi, ma uniti dalla stessa rabbia contro le disuguaglianze, contro la precarietà crescente, contro una democrazia tradita da Emmanuel Macron sin dal suo insediamento.

La componente giovanile è stata imponente: 80.000 ragazzi e ragazze hanno invaso le strade, interrotto le lezioni in un centinaio di scuole, 27 delle quali sono rimaste completamente bloccate. Non una generazione rassegnata, ma un’intera gioventù che sceglie la lotta, che rifiuta il futuro fatto solo di precarietà e sacrifici che il sistema vorrebbe imporle.

Il tema della giornata era chiaro: rabbia collettiva contro la precarietà e contro l’ingiustizia sociale. In piazza si invocavano le dimissioni di Macron e si denunciava la devastazione ecologica e sociale prodotta dalle sue politiche al servizio dei grandi interessi economici.

Di fronte a questa marea, lo Stato ha risposto come sempre: con la repressione. Migliaia di poliziotti dispiegati in ogni città, manganelli, cariche e arresti di massa. Solo a Parigi sono finite in manette 203 persone, 473 in tutta la Francia.

E come se non bastasse, Macron ha rilanciato la sfida nominando come primo ministro uno dei suoi più fedeli alleati: Sébastien Lecornu. Una nomina che sa di insulto. Lecornu è noto per le sue posizioni reazionarie — omofobo e strenuo oppositore della riproduzione medicalmente assistita — e ora si trova persino sotto inchiesta per favoritismo, appropriazione indebita e occultamento. Il volto stesso di un potere corrotto e arrogante.

La Francia non ci sta. Jean-Luc Mélenchon ha salutato il successo della mobilitazione, definendola «un momento meraviglioso di apprendimento e creazione». E ha ragione: ogni piazza, ogni blocco stradale, ogni assemblea è un laboratorio di futuro, un atto di resistenza che prepara la Francia che verrà.

E non è finita qui. Per il 18 settembre i sindacati hanno convocato un nuovo sciopero generale. La mobilitazione continua, più forte che mai. Macron e il suo governo possono provare a reprimere, a intimidire, a ignorare la voce del popolo. Ma la Francia ribelle non arretra. Anzi, rilancia: Bloquons tout!


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