In Calabria il confine tra politica e comunicazione sembra ormai dissolto. Non è certo un fenomeno esclusivo di questa regione, ma qui assume un carattere quasi grottesco: la vita quotidiana dei cittadini stride con la Calabria “patinata” che prende forma nei video ufficiali diffusi da Roberto Occhiuto. Nelle immagini scorrono cantieri scintillanti, sorrisi compiaciuti, paesaggi mozzafiato. Tutto appare orchestrato per costruire una narrazione di rinascita: l’ex governatore come regista e protagonista, la terra come scenografia di un futuro già a portata di mano.
Ma la propaganda, per sua natura, ha vita breve. Funziona il tempo di un clic, di una condivisione social, di un applauso di circostanza. Poi lo schermo si spegne, e resta la vita reale. È lì che la distanza diventa insopportabile.
Sanità: reparti chiusi, personale insufficiente, viaggi estenuanti per ricevere cure basilari. Non è retorica: è l’esperienza quotidiana di migliaia di calabresi. Parlare di “risanamento” mentre i pronto soccorso collassano è un esercizio di pura finzione.
Lavoro: nei video istituzionali si celebra la “Calabria delle opportunità”, ma i numeri raccontano altro. La disoccupazione resta tra le più alte d’Italia, e il flusso di giovani costretti ad andarsene non si arresta. La vera emergenza non è trattenere i ragazzi davanti a un computer per guardare l’ennesimo spot, ma creare le condizioni perché possano restare senza dover sacrificare le proprie ambizioni.
Infrastrutture: slogan su modernità e connessioni “europee” si scontrano con una rete ferroviaria da terzo mondo e con strade dissestate che rendono i collegamenti interni un incubo quotidiano. La Calabria che viaggia “veloce” resta un titolo , non una conquista concreta.
Questa dissonanza non è solo un problema di immagine. È un cortocircuito democratico. Quando la politica si riduce a spettacolo e la realtà viene sistematicamente esclusa dal racconto istituzionale, i cittadini diventano spettatori di una fiction che non li rappresenta. E, cosa ancora più grave, si abitua la collettività a considerare normale lo scarto tra ciò che si racconta e ciò che si vive.
La Calabria non ha bisogno di altri trailer di un film che non esiste. Ha bisogno di politiche vere, di investimenti strutturali, di un linguaggio che non confonda la promozione turistica con il governo del territorio. Restituire verità al racconto significa anche rispettare i cittadini, riconoscere le difficoltà senza nasconderle, avere il coraggio di ammettere le criticità per affrontarle davvero.
Perché il futuro non si costruisce con gli effetti speciali: si costruisce con i fatti.