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Il Prezzo dell’Indifferenza: Vite Perdute e Giustizia Negata

La Calabria, terra di profonde contraddizioni, è il teatro di tragedie che sembrano non avere fine. Qui, il diritto alla salute non è universale, ma un privilegio per pochi. I ritardi nei soccorsi, le risposte sanitarie inadeguate e le vite spezzate vengono sistematicamente archiviate come “inevitabili incidenti”. Ma nulla è inevitabile. Ogni tragedia è il risultato di decisioni sbagliate, di gestioni fallimentari e di una classe dirigente incapace o, peggio, indifferente.

L’inadeguatezza del sistema di emergenza-urgenza è il simbolo più evidente di questo disastro. In una regione che dovrebbe garantire prontezza ed efficienza, le ambulanze sono spesso non medicalizzate , le postazioni di pronto intervento scarse e mal distribuite, e gli operatori sanitari lavorano in condizioni al limite della sopravvivenza. Questo non è un semplice problema tecnico: è il fallimento di un intero sistema

Chi è responsabile di questa situazione? I politici, gli amministratori, i dirigenti sanitari: tutti hanno un nome, un cognome e un ruolo ben preciso in questo disastro. Eppure, invece di assumersi le proprie responsabilità, preferiscono nascondersi dietro il silenzio o dietro giustificazioni che insultano l’intelligenza e il dolore di chi ha perso una persona cara.

Mentre il resto del Paese avanza verso una sanità sempre più tecnologica e moderna, la Calabria rimane ferma, intrappolata in un passato fatto di inefficienze, disinteresse e abbandono. La distanza tra questa regione e il resto d’Italia si misura non solo in infrastrutture sanitarie, ma in vite umane perse. L’indifferenza delle istituzioni locali e nazionali è un peso che la Calabria non può più permettersi di sostenere.

Le promesse di assunzioni, e la riforma del sistema sono state puntualmente disattese. Le famiglie continuano a piangere i loro cari mentre chi dovrebbe intervenire si rifugia dietro proclami vuoti, sperando che il tempo cancelli l’indignazione. Ma questa volta non deve succedere. Questa volta è necessario fare nomi, chiedere conto, pretendere giustizia.

“Non si poteva fare nulla” è la menzogna che ci raccontano. Ma la verità è un’altra: si poteva, si doveva fare qualcosa. Ogni ritardo, ogni inefficienza, ogni negligenza è una ferita che si riapre, un peso che grava su una terra già troppo provata. La Calabria non può più accettare che la sanità sia un privilegio. Non può permettersi di perdere altre vite per colpa di un sistema che ha smesso di funzionare.

La vita spezzata di chi non ce l’ha fatta deve diventare il simbolo di una battaglia. Una battaglia che non può essere rinviata, che deve vedere coinvolti cittadini, associazioni in un grido unanime: “Mai più”. Questo non deve essere uno slogan, ma un impegno concreto. Un impegno per garantire che ogni cittadino calabrese possa avere accesso a una sanità degna di un Paese civile.

È tempo di voltare pagina. Di abbandonare il silenzio complice e di esigere trasparenza e giustizia. È tempo di dire basta all’indifferenza e alla malagestione. La Calabria merita di più, merita un sistema sanitario che risponda alle necessità di tutti, non solo di chi può permettersi cure private o migrazioni sanitarie verso altre regioni.
“Mai più” deve significare azione, cambiamento, giustizia. Perché ogni vita conta. E perché nessuno dovrebbe mai più pagare con la propria vita il prezzo dell’incapacità altrui.


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