La recente dichiarazione del sottosegretario alla Giustizia Delmastro, che ha espresso “gioia nel non far respirare i detenuti su auto della polizia”, suscitano indignazione e rabbia. Accende il dibattito sull’eticità e sulla responsabilità di chi ricopre ruoli istituzionali. In una democrazia che si fonda sulla dignità umana e sul rispetto dei diritti fondamentali, parole come queste ci spingono a riflettere su quale modello di giustizia vuole costruire il Governo Meloni: uno fondato sulla vendetta ed il disprezzo per la persona umana o uno che sappia restituire dignità e opportunità a tutti, anche a chi ha sbagliato.
Le parole non sono mai neutre, sollevano interrogativi profondi sul rispetto dei diritti fondamentali, soprattutto quando provengono da chi dovrebbe rappresentare lo Stato. Le parole del sottosegretario non sono solo un’offesa ai detenuti, ma a ogni cittadino che crede in uno Stato di diritto.
Emergenza suicidi nelle carceri italiane: un grido di aiuto ignorato
I 72 suicidi registrati nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno gettano un’ombra inquietante sul sistema penitenziario. Rappresentano l’incapacità di questo stato di tutelare i diritti fondamentali dei detenuti trasformando il carcere in un luogo di esclusione e sofferenza anziché di reintegrazione sociale. Un dramma che non può più essere ignorato. Dietro queste cifre si nasconde una realtà fatta di sovraffollamento, condizioni inumane e un sistema penitenziario che fallisce nella sua missione di rieducazione. Dietro ogni suicidio c’è una storia di abbandono, sofferenza e solitudine.
Le dichiarazioni disumanizzanti di Delmastro non sono isolate ma riflettono una deriva istituzionale, in cui il carcere è percepito come uno strumento di vendetta, non di recupero rafforzando una percezione di totale indifferenza da parte dello Stato verso chi è privato della libertà. Un linguaggio ostile che si traduce in un clima che può aumentare la disperazione tra i detenuti col rischio di legittimare atteggiamenti violenti e abusivi da parte delle forze dell’ordine .
È tempo che al centro delle politiche penitenziarie ci sia il rispetto per la dignità umana e la prevenzione di tragedie evitabili.