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Promesse, poltrone e déjà vu: la sanità secondo Occhiuto

C’è un detto popolare che, in politica, torna sempre utile: “l’assassino ritorna sul luogo del delitto.”
E così anche in Calabria la storia si ripete. Roberto Occhiuto, fresco di rielezione, torna a indossare i panni di Commissario alla Sanità — proprio quel ruolo che in questi anni avrebbe dovuto consentirgli di risanare il settore più martoriato della regione, e che invece continua a essere il simbolo dell’immobilismo e della disillusione dei calabresi.

In questa versione 2.0 del “commissario di sé stesso”, Occhiuto promette grandi cambiamenti. Si parte, come sempre, dagli annunci: gli ospedali periferici verranno accorpati alle Aziende Ospedaliere di riferimento, una mossa presentata come modernizzazione ma che, tradotta in termini concreti, rischia di allontanare ancora di più la sanità dai cittadini. I vantaggi? Nessuno li spiega, perché probabilmente non ci sono.
Poi, immancabile, arriva il valzer delle poltrone: cambi ai vertici dirigenziali, con capovolgimenti di ruoli e alleanze, in una girandola che più che di rinnovamento sa di riposizionamento.

Non potevano mancare le solite promesse di nuove assunzioni di medici e infermieri — parole già sentite, ripetute come un mantra in ogni stagione elettorale, ma che raramente si traducono in fatti. E infine il colpo di teatro: la richiesta al governo centrale di chiudere il commissariamento e il piano di rientro dal debito sanitario. Una richiesta che suona più come un atto d’accusa verso Roma che come una vera assunzione di responsabilità da parte di chi, per anni, ha avuto tutti gli strumenti per intervenire e non lo ha fatto.

Viene allora spontaneo chiedersi: ma tutte queste decisioni, questi “grandi cambiamenti”, non potevano essere presi prima?
Cosa impediva al Presidente Occhiuto, già titolare del doppio incarico di Governatore e Commissario, di imprimere quella svolta che oggi promette con tanta enfasi? Forse l’unica vera novità è che, dopo anni di promesse non mantenute, si è deciso di ricominciare da capo, come se il tempo trascorso non contasse nulla e la memoria dei calabresi fosse corta.

E invece la memoria resta.
Resta nelle ambulanze che non arrivano, nei reparti chiusi, nei pazienti costretti a viaggi della speranza fuori regione.
Resta in una sanità commissariata da oltre dieci anni, in un sistema dove la politica si è spesso dimostrata più interessata alla gestione del potere che alla salute dei cittadini.

Se davvero Occhiuto vuole cambiare la sanità calabrese, dovrà prima di tutto cambiare se stesso — e riconoscere che il “delitto” non è il passato, ma la continua illusione che basti un annuncio per risolvere un problema strutturale e profondo.
Fino ad allora, l’impressione è che ancora una volta i calabresi verranno presi in giro. Con buona pace della loro salute.


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