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Non è assistenzialismo, è dignità

Ogni volta che si propone un sostegno per chi non ce la fa, la destra alza il dito e urla: “assistenzialismo!”. È successo col reddito di cittadinanza e ora si ripete col reddito regionale di dignità. Ma chi parla di assistenzialismo dimentica — o finge di dimenticare — che la Calabria è tra le regioni più povere d’Italia, con un tasso di disoccupazione che da anni inchioda giovani, padri e madri, uomini e donne condannati all’invisibilità.

Questa non è teoria: sono vite reali, famiglie che scivolano nella miseria, ragazzi costretti a emigrare e cinquantenni buttati fuori dal mercato del lavoro come se fossero scarti. E a queste persone, la destra cosa offre? Silenzio. O peggio: disprezzo. Perché accusare di “assistenzialismo” chi chiede solo un minimo di sostegno significa colpevolizzare i poveri, come se la loro condizione fosse una colpa personale e non il frutto di decenni di politiche fallimentari.

Il reddito di dignità non è una paghetta, non è un lusso: è un argine contro l’abbandono sociale, è la possibilità di non cadere in mano alla criminalità, è la garanzia che nessuno debba scegliere tra pagare la luce e mettere il piatto in tavola. Senza strumenti come questo, il rischio è che la Calabria diventi una terra dove pochi privilegiati comandano e la maggioranza sopravvive nell’umiliazione.

E allora diciamolo chiaramente: il vero assistenzialismo non è aiutare chi non ha nulla, ma continuare a proteggere chi ha sempre avuto tutto. È spalancare le porte ai potentati locali, è chiudere gli occhi davanti all’emigrazione di massa, è accettare che la povertà diventi il terreno fertile su cui costruire consenso.

La destra ha paura di un reddito di dignità perché ha paura di cittadini liberi. Perché un cittadino che non è affamato, che non è ricattabile, che non dipende dall’elemosina del potente di turno, è un cittadino che può alzare la testa e reclamare diritti.

La dignità non è un favore che qualcuno concede dall’alto: è un diritto che appartiene a tutti. E difenderlo non è assistenzialismo: è lotta di civiltà


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