In Calabria parlare di “rottura” non è un vezzo retorico: è un’urgenza. Qui la rottura non si misura negli slogan ma nella possibilità, concreta, di avere una sanità che funzioni, un lavoro che trattenga i giovani e non li costringa a fare le valigie, trasformando ogni stazione e ogni aeroporto in un terminale dell’emigrazione di massa, infrastrutture degne di un territorio che merita rispetto. È su questi temi che si gioca il futuro della nostra Regione, e non su alchimie politiche o calcoli di partito.
L’ufficializzazione della candidatura di Pasquale Tridico, ex presidente dell’INPS, come sfidante del governatore Occhiuto ha inevitabilmente acceso il dibattito. Da una parte si evidenziano le competenze maturate da Tridico in ambito nazionale e internazionale, segno di un profilo in grado di garantire solidità e visione. Dall’altra, c’è chi teme che l’ennesima scelta dall’alto rischi di oscurare quelle tante esperienze civiche che, dal basso, hanno provato in questi anni a cambiare le cose.
Qui sta il nodo. In Calabria non si parte da zero: esiste un tessuto diffuso di comitati, associazioni e realtà civiche che hanno saputo organizzarsi per difendere i territori e i diritti fondamentali. Basti pensare ai movimenti nati attorno alla tutela della salute pubblica, spesso in aree dimenticate dalle istituzioni, o alle battaglie contro il degrado ambientale e per una mobilità più sicura. Sono esperienze che non solo denunciano i problemi, ma testimoniano la voglia di partecipazione e la capacità di prendersi cura della comunità.
Se Tridico saprà riconoscere e valorizzare questo patrimonio, potrà davvero incarnare la “rottura” di cui si parla. Non come un leader calato dall’alto, ma come un interprete di un cambiamento condiviso. Diversamente, rischierebbe di seguire un copione già visto: quello delle grandi aspettative che si spengono nella distanza tra politica e cittadini.
Il punto non è negare il valore della competenza, anzi. La Calabria ha bisogno di figure solide, capaci di dialogare con le istituzioni nazionali ed europee. Ma questa competenza deve sposarsi con l’ascolto e l’inclusione: nessun progetto di risanamento della sanità o di rilancio del lavoro può funzionare senza il coinvolgimento diretto delle comunità.
La sfida che si apre oggi, dunque, non riguarda solo la contrapposizione a Occhiuto. Riguarda la possibilità di costruire un modello politico diverso, che non si limiti a “parlare di rottura”, ma che sappia trasformarla in un percorso condiviso. Una Calabria capace di riconoscersi nelle sue energie migliori, senza delegare tutto a un volto o a un curriculum.
Il cambiamento, se arriverà, nascerà dall’incontro tra competenza e partecipazione. E la speranza è che, questa volta, la politica abbia il coraggio di percorrere davvero questa strada.