Il 9 agosto Messina ha parlato, e lo ha fatto con la voce potente di migliaia di persone. Non era una passeggiata, non era folclore: era la risposta chiara di un popolo che non si piega. Abbiamo detto NO, e lo abbiamo detto insieme, giovani e anziani, lavoratori e studenti, famiglie intere. Perché questo ponte non è progresso: è un inganno.
Ce lo presentano come “grande opera”, ma sappiamo bene cosa significa: miliardi di soldi pubblici bruciati per un progetto inutile e dannoso, mentre le nostre strade si sgretolano, i treni arrancano, le scuole cadono a pezzi e gli ospedali vengono chiusi. Parlano di “collegare la Sicilia all’Italia”, ma non riescono neanche a garantire collegamenti dignitosi tra Messina e Palermo, tra Reggio e Cosenza.
Il ponte sullo Stretto non serve a noi. Serve agli speculatori, alle lobby delle costruzioni, a chi vuole trasformare il nostro territorio in un cantiere infinito da cui spremere profitti. È un’opera imposta dall’alto, decisa nelle stanze del potere senza consultare le comunità che vivranno le conseguenze.
E le conseguenze le conosciamo: devastazione ambientale di un ecosistema unico al mondo, rischio sismico ignorato, distruzione di quartieri, espropri, cantieri che dureranno decenni. Un disastro che pagheremo noi, mentre i profitti finiranno altrove.
Noi non siamo contro “il futuro”. Siamo contro il furto del nostro futuro. Il vero sviluppo è garantire trasporti efficienti, sanità pubblica, lavoro dignitoso, tutela dell’ambiente, diritto alla mobilità per tutti. Il ponte è solo un simbolo di una politica vecchia, che ha bisogno di opere monumentali per mascherare l’assenza di una visione vera.
Messina, la Sicilia, la Calabria non sono un passaggio. Sono una terra viva, con una storia, un’identità, una comunità che non si lascia comprare. Non accettiamo di essere trattati come un corridoio per le merci e un bancomat per le multinazionali del cemento.
Quello che è iniziato il 9 agosto non finisce qui. Saremo ancora in piazza, più forti e più numerosi, finché questo progetto non sarà fermato. Perché la nostra terra non è in vendita. Perché la nostra dignità vale più di qualsiasi trave d’acciaio. Perché non ci faremo spezzare dalla retorica del “ce lo chiede il progresso”.
Il ponte lo fermiamo noi. Con la forza della nostra gente, con la verità dalla nostra parte, con l’amore per la nostra casa.