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Il respingitore respinto: Piantedosi e il fallimento morale dell’Europa dei muri

Che ironia feroce e tragica: Matteo Piantedosi, il ministro italiano che ha fatto della politica del respingimento il suo vessillo, è stato a sua volta respinto. Non dai migranti che cerca di tenere lontani a ogni costo, ma da Benghazi, cuore del potere parallelo libico, dove avrebbe voluto stringere l’ennesimo patto infame con le milizie locali. Obiettivo? Delegare ancora una volta il lavoro sporco: fermare chi fugge da guerre, fame e cambiamenti climatici. Fermare uomini, donne, bambini — non importa come, non importa dove, purché lontano dai nostri occhi e dalle nostre coscienze.

Quello di Piantedosi, insieme ai suoi omologhi di Malta e Grecia, è stato un tour della vergogna, travestito da diplomazia. Un pellegrinaggio nei santuari dei trafficanti trasformati in “guardie costiere”, per garantire che questa estate il Mediterraneo resti un cimitero silenzioso, un mare chiuso alla speranza e aperto alla morte.

Il respingimento di Benghazi non è solo un inciampo diplomatico. È il simbolo di un fallimento politico ed etico. Nonostante milioni di euro versati all’apparato della “detenzione extraterritoriale”, l’Italia si ritrova oggi a mendicare accordi con attori impresentabili, pronti a chiudere i cancelli solo finché serve ai loro interessi. Ma soprattutto è un segnale che qualcosa si sta incrinando. Che perfino chi accetta di essere complice di queste politiche inumane, ora presenta il conto.

L’Europa, con l’Italia in prima fila, ha smesso da tempo di salvare vite. Oggi preferisce “contenere flussi”, “esternalizzare confini”, affidarsi a chi gestisce lager e fosse comuni. E così facendo ha rinunciato a ogni residuo di umanità e di legalità.

Ma nessun muro, nessun accordo sporco potrà fermare il vento della libertà. Chi parte lo fa perché non ha scelta, perché restare è morire. E finché ci sarà chi si oppone a questa barbarie, finché ci saranno ONG che salvano, cittadini che accolgono, voci che denunciano — l’umanità non sarà del tutto perduta.

Piantedosi è stato respinto. Ma sono anni che l’Italia respinge se stessa: la sua storia di migrazioni, la sua Costituzione, il diritto internazionale. È tempo di dirlo chiaramente: basta lager in Libia, basta accordi con chi tortura, basta morte nel Mediterraneo. L’unica politica migratoria davvero degna è quella che salva, accoglie, integra.

E se i ministri dell’interno vanno in tour per comprare silenzi e prigioni, tocca a noi —  attivisti, cittadini — fare il contro-tour della verità. Perché l’unico confine da difendere è quello tra civiltà e disumanità. E oggi, da questa parte del mare, è sempre più sfumato.


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